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RIFIUTI RADIOATTIVI

Pubblicato  il  rapporto LEGAMBIENTE  sui rifiuti radioattivi

“RIFIUTI RADIOATTIVI IERI, OGGI E DOMANI: UN PROBLEMA COLLETTIVO

Con il contributo di:

Laura Chiappa (circolo “Emilio Politi” di Piacenza) per il sito di Caorso

Giulia Casella (circolo “A. Petteruti” di Sessa Aurunca) per il sito di Garigliano Alessandro Loreti (circolo “Arcobaleno” di Latina) per il sito di Borgo Sabotino 

Gian Piero Godio e Michela Sericano (Circoli Legambiente “Vercellese e Valsesia” e “Ovadese  Valli Orba e Stura”) per i siti in Piemonte 

Antonio Lanorte (Presidente Legambiente Basilicata) e Giuseppe Ricciardi, Mariarosaria  Manfredonia, (circolo “Sky&Sea” di Maratea) per il sito di Rotondella 

Stefano Delli Noci (Comitato Scientifico Legambiente Puglia) per il sito di Statte Roberto Sirtori (Circolo Legambiente Pisa) per il sito CISAM 

Anita Astuto (Responsabile energia e clima Legambiente Sicilia) per i siti siciliani



Un dossier, quello di Legambiente, che illustra la situazione di tali rifiuti in Italia e all’estero.

Già il 19 giugno 1995, “Rifiuti radioattivi: il caso Italia. Il libro bianco di Legambiente sull’eredità avvelenata del nucleare” : “Le vicende giudiziarie connesse al presunto affondamento di navi contenenti rifiuti radioattivi  nel Mediterraneo (al largo delle coste italiane e in acque internazionali) confermano, in modo clamoroso, quanto Legambiente va denunciando da anni: l’assoluta inadeguatezza dei sistemi di  gestione e di controllo dei rifiuti radioattivi nel nostro Paese.” Altri ne sono seguiti negli ultimi 26 anni,

Ne sono seguiti altri, di dossier, negli ultimi 26 anni, per denunciare e tenere viva l’attenzione  sul tema dell’eredità nucleare nel nostro Paese. È un tema che fa parte del DNA della nostra  associazione da sempre. E forse è grazie a questa meticolosa attenzione che Legambiente ha  messo su questo argomento, figlia delle prime mobilitazioni antinucleariste degli anni ’70 e ’80,  che si è arrivati alla schiacciante vittoria al referendum del 1987, seguita da quella del 2011.

Eppure, di questa eredità radioattiva, in Italia, poco o niente si sapeva, anche se, grazie ai nostri Padri ambientalisti, Alfredo Petteruti e Marcantonio Tibaldi , e a noi tutti del circolo Legambiente di Sessa, l’attenzione sulla centrale del Garigliano e del problema in generale, non è mai scemata.

                     


Anche sul Deposito Nazionale, e sulla necessità di individuare un sito idoneo, la nostra responsabile del settore ha pubblicato continui articoli sull’argomento, a partire dalla consapevolezza che in Italia, ad oggi, secondo gli ultimi dati disponibili (riferiti a  dicembre 2019), ci sono 31mila metri cubi di rifiuti radioattivi collocati in 24 impianti distribuiti  su 16 siti in 8 Regioni. Impianti e siti di stoccaggio provvisori che sono stati adattati, per  necessità, ma che sono assolutamente inidonei a mantenere in sicurezza materiali radioattivi.

Sono infatti 126 gli impianti nucleari distribuiti in 14 Paesi  (Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Paesi Bassi,  Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito) che detengono, insieme ai due  Stati che hanno intrapreso la strada del decommissioning (Italia e Lituania), circa il 99,7%  del volume totale dei rifiuti radioattivi stoccati nel continente.

Siti e gestioni (in alcuni casi) di ordinaria follia che favoriscono la proliferazione di attività  criminali di smaltimento illecito di rifiuti, come emerso nel focus presentato all’interno del  dossier. L’ultima inchiesta, in ordine di tempo, è quella che ha visto impegnata la Direzione  distrettuale antimafia di Milano che è riuscita a smantellare un’associazione a delinquere, con forti  connessioni con la ‘ndrangheta, attiva nel traffico illecito di rifiuti, tra cui anche 16 tonnellate di rame trinciato contaminato radioattivamente. Il “flusso” utilizzato per occultare i rifiuti  radioattivi è quello del riciclo dei rottami ferrosi nella produzione di acciaio: oltre 10.000 tonnellate, gestite in tre regioni (Lombardia, Liguria ed Emilia-Romagna). Dal 2015 al 2019, il lavoro svolto  dall’Arma dei carabinieri, attraverso i reparti specializzati in tutela ambientale, ha portato alla  denuncia di 29 persone, con 5 ordinanze di custodia cautelare, 38 sanzioni penali comminate e  15 sequestri effettuati a seguito dei 130 controlli effettuati. 

È evidente che sulla necessità di un deposito nazionale dei rifiuti radioattivi necessita un’operazione di comunicazione e informazione chiara e trasparente nei confronti dei cittadini. Il circolo di Sessa è sempre stato sull’argomento da oltre 30 anni, senza mai abbandonare l’argomento, senza tralasciare le critiche obbligate a una classe politica, che sull’argomento, e ci riferiamo particolarmente  alla nostra regione con province a comuni, ha sempre taciuto, se non addirittura sostenere un ritorno al nucleare.

Per ora ci limitiamo a evidenziare ciò che è stato pubblicato sulla situazione della centrale del Garigliano.

Centrale del Garigliano (Sessa Aurunca, CE)  


“La centrale fu costruita negli anni tra il 1959 e il 1964 del secolo scorso. Tra incidenti, guasti e  interruzioni, anche lunghe, la centrale erogò energia fino al 1978, poi chiusa definitivamente nel  1982, sia per le troppe lesioni all’interno dei circuiti, sia perché era stata costruita senza criteri  antisismici. Attualmente, nella centrale nucleare del Garigliano, sono stoccati circa 3.000 mc di  rifiuti a media attività (quelli che durano alcuni secoli); di rifiuti a bassa attività, chiusi in buste e  sotterrati in 3 trincee tra il 1968 e il 1978; 158 tonnellate di amianto rimosse dall’edificio turbina  (85 t) e dall’edificio reattore (73 t) di cui 133 t contaminate da radioattività e temporaneamente  stoccate nell’edificio ex diesel, mentre il conferimento di quello non radioattivo, ma comunque  tossico, risulta che è stato affidato alla SITA ITALIA che lo trasferisce in Germania. Sogin  afferma che l’ultimo trasporto è avvenuto a carico di Nucleco ed è stato smaltito presso l’impianto  Zetadi di Ferno, in provincia di Varese. La bonifica dell’amianto è iniziata a dicembre 2013. 

Il sito non è adeguato allo stoccaggio di materiale e rifiuti nucleari perché: 

- la piana del Garigliano è zona alluvionale, coperta da formazioni quaternarie costituite da  alternanze di argilla, ghiaia e sabbia; in particolare, queste ultime sono sede di falde  freatiche e artesiane.  

- si trova in zona sismica di 2^ categoria, ai piedi del vulcano di Roccamonfina. Tali  caratteristiche non danno sufficienti garanzie di sicurezza statica e tecnica, sia per installarvi  una centrale nucleare sia per depositi di rifiuti e scorie radioattivi.  

- dista dalla costa di circa 5 km e dal più vicino centro abitato (Maiano) circa 0,5 km in linea  d’aria; si trova inoltre e pochi km (tra i 5 e i 20) da altri centri abitati (Sessa Aurunca, San  Castrese, S.S. Cosma e Damiano, Castelforte, Minturno, ecc.). È area adiacente al Parco  Regionale Roccamonfina-Foce del Garigliano, quest’ultima, con la pineta, riconosciuta  come zona SIC e ZPS. 

DEPOSITI ESISTENTI IN CENTRALE 

Deposito D1: Costruito tra il 2007 e il 2009. Vi sono stoccati, al 2018, 21 fusti da 320 litri ciascuno  contenenti: - le polveri radioattive scarificate dalle pareti interne del camino; - i rifiuti a bassissima  attività estratti dalle trincee 2 e 3; ( La bonifica della trincea 1 è in corso. Il ritardo è dovuto al sequestro determinato dal procedimento giudiziario iniziato nel  dicembre 2012 dai sostituti procuratori del Tribunale di S. Maria C.V. Da precisare che dei rifiuti a bassa attività delle 2 trincee  finora bonificate, alcuni sono stati solamente trattati perché non necessitavano di condizionamento in matrice cementizia in quanto ad attività “molto bassa”, altri sono rifiuti solidi radioattivi a “bassa attività” che sono stati trattati e messi in sicurezza e saranno  condizionati in matrice cementizia nella prossima campagna di condizionamento.) - l’amianto contaminato estratto da vari edifici tra cui l’ed.  reattore e l’ed. turbina.  

 La costruzione del D1, di cui Sogin non ha mai ottenuto concessione edilizia dal Comune di Sessa  Aurunca, fu autorizzata con ordinanza del 15 dicembre 2006 dal gen. Carlo Jean che utilizzò i poteri  straordinari conferitigli dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, nonostante fosse in corso  una Conferenza dei servizi sull’argomento. La Conferenza era stata proposta dal circolo  Legambiente “Alfredo Petteruti” di Sessa Aurunca, proposta accettata dal Sindaco, prof. Elio  Meschinelli. 

Edificio Ex diesel: ripristinato e adeguato a deposito temporaneo, con una volumetria di ca. 600 mc  e una capacità di stoccaggio tra i 600 e gli 800 mc 

Edificio Ex compattatore, ECCS: inviati i progetti di adeguamento particolareggiato a ISPRA,  oggi ISIN, in attesa di approvazione. 

C501: in fase di redazione il progetto particolareggiato 

Deposito D2: in fase di progettazione: volumetria di 15.000 mc con una previsione di spesa di 16  milioni di €.  

I radioisotopi contenuti nei fusti sono: 63Ni, 60Co, 137Cs, 90Sr, alfa totale, per un ammontare di  425.200 GBq (pari a 11.500 Ci). 

Nella cosiddetta Fat (Fossa ad alta attività), il cui contenuto, secondo la G.T. 26, è stato declassato  a rifiuto di media attività-(n.d.s)., erano stoccati rifiuti solidi metallici, oggi condizionati in matrice  cementizia. La loro composizione radio isotopica è: 63Ni=89,3%, 60Co=10,5% 137Cs=0,1%,  90Sr=0,1%, alfa totale 0,004%.  

Le 208 barre di combustibile irraggiato della centrale, quelle ad alta attività, sono state trasferite,  senza Piano di Emergenza tra il 1985 e il 1987, a Saluggia, a “friggere” nella piscina Avogadro  della Fiat. Da lì in parte a Sellafield (Gran Bretagna). Altre, nel luglio 2012, a Le Hague (Francia)  dove sono stati trasferiti 66 kgHM pre-irraggiamento (48 semibarrette di combustibile). Dal 2018,  dopo una convenzione intercorsa tra Italia e Slovacchia, in questo Paese vengono trasferite le barre  di Caorso per il riprocessamento. Quello che resta è sempre un prodotto ad alta attività che viene  vetrificato, i cosiddetti “vetri radioattivi”, e rispedito ai paesi di origine. Al Garigliano ne  spetterebbero alcuni mc, oltre alla quota del Superphenix, l’impianto al plutonio autofertilizzante  veloce, alla cui costruzione contribuì anche l’Italia. “                 

In seguito scriveremo dei rifiuti in Europa e dei depositi nazionali costruiti in alcune delle sue nazioni

 

Alluvione 2011


Lavori di Bonifica di una Trincea


edificio turbina prima dei lavori di smantellamento, (non ultimati)

il Vessel, ossia il “pentolone” in cui erano immerse le barre di combustibile.