Circolo Legambiente di Sessa Aurunca.
Veniamo alla storia la cui cronologia burocratico-legislativa rimandiamo al termine della nota perchè, raccontata sotto questo aspetto, appare una fredda e sterile cronaca, che rivela invece aspetti emblematici del massacro inferto alla Terra e di una passione che per 8 lunghi anni ha richiesto studi, sacrifici, impegni economici, rischi di un piccolo gruppo di ambientalisti. Un amore che per quasi tutto il tempo non ha trovato sponde nell’animo dei cittadini, depistati da falsi profeti, ma che alla fine ha coinvolto tutti.
La discarica, di proprietà di Antonio Buonamano costituitosi in società “AB&F“, viene allestita in località “La Selva”, da cui prende il nome, una vallata ricca di castagneti, uliveti e fitti boschi, impluvio naturale sulla fiancata dell’antico vulcano di Roccamonfina, che raccoglieva le acque meteoriche per convogliarle nel ruscello “Selva”. L’area è sottoposta a vincolo idrogeologico e ambientale. Ciò nonostante viene destinata a discarica scavando una fossa nel terreno, priva di ogni rivestimento e di ogni misura igienica o di carattere precauzionale. Occupa e ostruisce il letto di due corsi d’acqua, il “Fosso Maltempo” e il Fosso del Pazzo” entrambi tributari del rio “Selva”. Il Fosso Maltempo, il cui toponimo sta ad indicare come la sua attività sia legata esclusivamente, o quasi, al regime pluviale della zona, si origina a quota mt. 480 e scende giù con una pendenza notevole dell’ordine del 22% circa. Se ne deduce che l’azione erosiva, oltre che di trasporto, prodotta dalle acque nei periodi di massimo apporto è notevole e difficilmente controllabile. Il Buonamano devia il corso del Fosso del Pazzo senza alcuna autorizzazione e/o consulenza idrogeologica, opera effettuata dai suoi stessi operai.
Negli anni dal 1980 al 1990 ben quattro relazioni geologiche (Prof. Vallario Istituto di geologia e geofisica dell’università di Napoli:Indagini preliminari per il P.R.G marzo 1980; dott. Nevio De Tommaso: Relazione geologica per il P.R.G marzo 1984;.; dott. Pasquale Nuzzo Relazione geologica sul sito della discarica marzo 1987; dott. Michele Benvenuto Relazione geologica sul sito della discarica aprile 1990) attestano che le rocce sottostanti la discarica sono formate da tufi e detriti lavici in cui è presente una permeabilità ALTA per fessurazione e, poiché i rifiuti vengono sversati nella vallata priva di qualunque protezione e di sistemi di captazione del percolato, questo penetra nelle acque sottostanti. Si consiglia quindi di non alterare l’equilibrio naturale dei luoghi con sbancamenti e movimenti terra”
Nel 1985 scoppia il caso dei fanghi del depuratore di Cuma. I consiglieri regionali della lista “Campania Civica e Verde” denunciano che i fanghi tossici del depuratore vengono smaltiti nella discarica di Sessa. In tale occasione gli stessi consiglieri asseriscono che la discarica consiste in una fossa scavata, in palese violazione dell’art. 9 del DPR 915/82.
Gli ambientalisti di Sessa, costituitisi poi come associazione “Lega per l’Ambiente” cominciano a lanciare l’allarme sul pericolo di inquinamento prodotto dalla gestione della discarica. Organizzano assemblee e convegni riuscendo a bloccare la richiesta, avanzata da Buonamano alla Regione Campania, di trasformare la discarica da categoria A (RSU) a categoria B per smaltire rifiuti tossici e nocivi legalmente. A carico della AB&F pendono altri procedimenti penali per fanghi provenienti dall’azienda “Alto Adige Service”; il rinvenimento di fusti contenenti liquidi di natura imprecisata; lo scarico abusivo di liquidi con particolare riferimento a scoli industriali; il rinvenimento di fusti contenenti liquidi di natura tossico-nociva della MORTEO-SOPREFIN e per la denuncia sporta da Martino Giovanni, un contadino che aveva constatato l’inquinamento del ruscello da fanghi e schiume che non gli permettevano più di abbeverare il bestiame. Questi ultimi fatti si trovano nella relazione dei carabinieri del NOE incaricati dal Ministro dell’Ambiente di effettuare un sopralluogo sulla discarica dopo la presentazione di una petizione popolare di 4.000 firme, organizzata da Legambiente, nella quale si denunciava il rischio di inquinamento prodotto dalla discarica e se ne chiedeva la chiusura.
Il pretore di Sessa impone alla Usl 15 di effettuare apposite analisi dalle quali emerge che nella discarica sono stati scaricati rifiuti tossici e nocivi.
Il primo processo si celebra solamente dopo 5 anni, il 17 luglio 1990, e Buonamano viene riconosciuto colpevole per l’imputazione e condannato a 4 mesi di reclusione, a una multa di 1.600.000 lire.
Nel rapporto del NOE, risalente al 17 marzo 1989, si legge che non si sa quali studi geologici e idrogeologici abbiano giustificato la deviazione del Fosso Maltempo né da chi sia stato autorizzato. E’ scritto inoltre che nella discarica sono state ammassate tonnellate indefinite di rifiuti di ogni genere provenienti da varie regioni italiane.
Nel rapporto si legge anche che gli organi preposti istituzionalmente al controllo, benché a conoscenza dei reati connessi agli scarichi abusivi di cui ai procedimenti penali, non hanno effettuato i controlli per accertare che infiltrazioni di percolato potessero aver causato irreparabili danni ambientali e di sanità pubblica.
I carabinieri denunciano Buonamano per gestione abusiva della discarica e i sindaci Tommasino, Patrone e Consales ritenuti responsabili di interesse privato in atti d’ufficio, falso ideologico e danneggiamento ambientale.
Nonostante tutti questi precedenti, l’assessore alla Sanità Scaglione, destinatario anch’egli della petizione popolare accompagnata dal rapporto del NOE, affossa tutto.
Il Gip Raffaele Sapienza manda tutti assolti, asserendo che l’autorizzazione comunale del 1982 è giuridicamente nulla. Egli afferma che “ne discende, sul piano amministrativo, la totale inesistenza dell’atto (l’autorizzazione comunale) che era quindi inidoneo a produrre effetti giuridici” poiché il 10 settembre ’82 era stato approvato il DPR 915 che sottraeva ai sindaci la competenza in materia di rifiuti. Dimenticava di sottolineare che le autorizzazioni regionali, provvisorie, facevano tutte riferimento all’autorizzazione comunale e che quindi erano prive di effetti giuridici anch’esse.
Ma gli ambientalisti, soprattutto nelle persone di Giulia Casella, M.Antonietta Rozzera e Clorinda Rozzera, non si arrendono. Organizzano nel 1989 una imponente manifestazione che si conclude nell’Aula consiliare, alla presenza del sindaco Consales che, non solo non dà risposte, ma addirittura fa trovare una nuova relazione geologica che il Buonamano aveva già fatto redigere da un geologo di sua fiducia. E alla quale il sindaco non oppone una relazione di una commissione di nomina comunale. Ciò avviene solo nel 1990, su incarico della Provincia, la cui amministrazione nel frattempo è cambiata e, finalmente, tutto quanto sostenuto dagli ambientalisti viene alla luce. L’attivismo costante di Legambiente comincia a ottenere risultati e viene fuori che Provincia e Regione non hanno mai predisposto controlli perché prive di ogni mezzo per effettuare indagini, come espressamente dichiarato dal’assessore provinciale, avv. Pisaturo e dalla commissione d’inchiesta regionale, istituita il 21 marzo 1991 per accertare le responsabilità della Regione in relazione al traffico di rifiuti tossici provenienti da ogni parte d’Italia. Il Consiglio regionale, nella seduta del 20 marzo 1991, ammette che la Campania, in materia di rifiuti, è al disastro ecologico provocato “dall’assenza di qualsiasi controllo sulla quantità e qualità dei rifiuti trattati nelle discariche autorizzate” o cosiddette tali.
Ma, intanto, la discarica continua la sua attività in maniera spregiudicata. Arrivano, ogni notte, decine di TIR, con false bolle di accompagnamento, inseguiti dagli attivisti di Legambiente che ne registrano le targhe. Ormai non si può più tacere sul traffico illecito di rifiuti e sullo scandalo di complicità tra camorra e varie istituzioni che finora hanno goduto di ampia impunità.
La Usl rileva che le acque sono inquinate e il sindaco Capriglione, il 19 marzo 1992 ordina la chiusura della discarica.
Legambiente e il Movimento dei cittadini che si è creato nel frattempo promuovono, per diversi giorni e notti, un picchettaggio contro i TIR bloccandone l’arrivo e, nella mattinata del 9 maggio 1992 un corteo di circa 5.000 persone percorre le strade della città per sostenere l’ordinanza del sindaco. Nel pomeriggio, nella sala consiliare del Comune, avviene un acceso dibattito cui partecipano anche rappresentanti istituzionali. Tra essi l’assessore alla Sanità, avv. Giovanni Clemente, il quale dichiara che la discarica di Sessa non aveva ricevuto mai l’autorizzazione definitiva e, successivamente, con una nota dell’11 maggio, n. 7422, conclude che “l’attuale società AB&F srl, per la Regione Campania, non è munita, ai sensi del DPR 915/82, di autorizzazione regionale all’esercizio dell’impianto suddetto né in via provvisoria né in via definitiva”.
La chiusura definitiva della discarica viene poi confermata all’Amministrazione provinciale, dal Tribunale della Libertà, dal TAR Campania, dal Consiglio di Stato.
Dopo 18 anni, siamo ancora in attesa della bonifica del sito.
ITER BUROCRATICO-LEGISLATIVO
Con delibera di Giunta Municipale (DGM) n. 1315 del 01-07-1981, della validità di un anno, si autorizza il sig. Antonio Buonamano ad allestire una discarica per smaltire i RSU del Comune. La pratica è accompagnata dal visto dell’uff. Sanitario dott. Giuseppe Fusco. La commissione edilizia non esprime alcun parere.
Nel frattempo viene approvato il DPR 915 del 19-09-82 che attribuisce alle Regioni la sola competenza sulle concessioni di autorizzazioni per le discariche, oltre alle caratteristiche dei luoghi, caratteristiche che impedirebbero lo smaltimento dei rifiuti nel sito “Selva”, regolarmente disattese, nonostante le segnalazioni di Legambiente.
La Giunta Comunale, con delibera n. 4400 del 15-09-1982, aveva già rilasciato una nuova autorizzazione che ampliava la precedente autorizzando lo sversamento e l’interramento di liquami e rifiuti industriali. Il Co.Re.Co. (Comitato regionale di controllo) di Caserta l’approva subordinatamente alla ratifica in consiglio comunale e al nulla osta dell’ufficiale sanitario. Di entrambi gli atti non esiste traccia, quindi la discarica smaltisce in modo abusivo e in semiclandestinità per 3 anni fino al 18-11-1985 data in cui la Giunta della Regione Campania, con delibera n. 242 del 18-01-85 concede un’altra autorizzazione provvisoria di sei mesi , per lo smaltimento dei rifiuti urbani e speciali, non contenenti sostanze tossiche e nocive.
Ma la deliberazione interministeriale del 27-07-84 impone alle regioni la costituzione di un apposito comitato di esperti “dei quali debbono in ogni caso far parte un medico igienista, un geologo, un chimico,e un ingegnere sanitario. Questo comitato è stato mandato dalla regione il 28-12-1988, ma solo per esprimere il parere sui lavori di adeguamento richiesti dalla legge 441/87.
La stessa deliberazione all’art. 4.2.2 dice che:
a)“Gli impianti devono essere posti a distanza di sicurezza in relazione alle caratteristiche geologiche e idrogeologiche del sito; dai punti di approvvigionamento di acque destinate ad uso potabile,1 dall’alveo di piena di laghi, fiumi e torrenti. Gli impianti devono inoltre essere posti a distanza di sicurezza dai centri abitati e dai sistemi viari di grande comunicazione.
b) Gli impianti devono essere ubicati in suoli la cui stabilità sia tale da evitare rischi di frane e cedimenti delle pareti e del fondo discarica, nonché rischi di spostamenti e deformazioni delle opere idrauliche per il drenaggio delle acque meteoriche.”2 I VV.UU. e alcuni tecnici del comune il 13 marzo 1992, finalmente, (sono passati 7 anni dalle denunce documentate di Legambiente) fanno un sopralluogo sulla discarica e constatano la realizzazione di tre strade e l’abolizione del Fosso Maltempo, lavori mai autorizzati dal Comune.
Di autorizzazione provvisoria in autorizzazione provvisoria, si arriva così alla Legge n. 441 del 29.10.1987 che prescrive lavori di adeguamento di tutte le discariche.
Anche Buonamano, costituitosi intanto in Società denominata “AB&F”, provvede a effettuare lavori di impermeabilizzazione, ma solo nell’aprile del 1989, anno in cui arriva l’autorizzazione della Regione Campania del progetto di adeguamento. Le autorità provinciali si limitano a certificare la sola realizzazione senza controlli specifici.
Note
1 I vigili urbani,dopo un sopralluogo, attestano che sotto la discarica passa l’acquedotto pubblico
2 Dalla relazione del geologo Nuzzo:”….la selettività d’erosione dà origine a una locale instabilità delle sponde (i fianchi della discarica). Eppure in questo contesto così variabile, non dichiarato nella relazione geologica di base, è stata inserita una discarica che ha operato un’erosione ben più potente di quella naturale”